Sorge tra il campo da calcio della polisportiva ed il cimitero, nell’area dove dovrebbe sorgere anche un parcheggio, a poche decine di metri dal parco giochi che costeggia la Via F.lli Cervi, a cento metri dalle case di Via Don Minzoni ad altrettanti metri dalla scuola media di Via Papa Giovanni XXIII ed a ridosso di quello che sarà un nuovo parco cittadino. Questa volta i finti ambientalisti non hanno rispettato proprio nessuno a cominciare dai morti, che riposano a venti metri dall’antenna, proseguendo con gli sportivi che usano il campo comunale dai quattro anni di età in su. E poi, ancora, le famiglie degli sportivi che oseranno sedersi in tribuna disteranno poche decine di metri dall’antenna, i fedeli del santuario della Madonna dell’Aiuto pregheranno a cento metri e poi ci sono i ragazzi della scuola media, le famiglie che vivono nei palazzi di fronte alla scuola ed a duecento metri un asilo, altre case, l’oratorio, ecc, ecc. Noi non abbiamo ancora capito quanto queste antenne siano pericolose per la salute pubblica ma visto che dati precisi non vengono diffusi e che il Sindaco si oppone solo quando i suoi consiglieri rischiano di averle davanti casa, com’è accaduto con quella di Noverasco finita poi nell’area circense, siamo dell’opinione che vadano poste il più lontano possibile dai centri abitati e se Opera non ha territorio, lontano dalle case, dalle scuole e dai luoghi di aggregazione, può rinunciare agli introiti delle antenne lasciando che siano piazzate sui comuni limitrofi a copertura anche del nostro. Questa avidità non è sana, caro signor Sindaco!
Opera: il meteo
venerdì 27 aprile 2007
giovedì 26 aprile 2007
COMUNICATO STAMPA: OPERA SOLIDALE CON APPIGNANO DEL TRONTO
Quanto successo ad Appignano, comune della provincia di Ascoli Piceno, non è altro che parte di quello che sarebbe toccato ad Opera se le protesta popolare non fosse stata preventiva e fortemente determinata nel non accettare i nomadi. Analoghe scene le avremmo vissute nel nostro paese se i cittadini non avessero vinto la battaglia contro il Sindaco Ramazzotti, il Parroco e le istituzioni tutte che, non più di quattro mesi fa, volevano insediare il campo definendolo provvisorio (come lo sono tutti i campi nomadi!!!)
I quattro ragazzi vittime del rom ubriaco, e dell’intera comunità nomade di cui fa parte vivendo nell’illegalità, sono solo la conseguenza della scellerata politica del Sindaco di quel paese che ha permesso l’insediamento del campo e non ha sentito il dovere di rimuoverlo definitivamente ed in tempi celeri quando i suoi concittadini hanno manifestato il proprio dissenso.
Oggi piangiamo per i quattro giovanissimi le cui vite sono state stroncate vigliaccamente da un ubriaco alla guida di un furgone; quattro decessi che potevano essere evitati se solo si fosse agito nell’interesse dei cittadini di Appignano e non invece nell’ignavia ed il disinteresse per gli amministrati.
Una negligenza, quella di quasi tutte le amministrazioni, che sovente cela finalità poco chiare per sindaci e parroci che si prendono carico di ospitare ed assistere i campi nomadi.
Ancora una volta hanno perso i cittadini per non essere stati ascoltati dalle istituzioni ed anche ad Appignano, come ad Opera, il campo adesso è stato dato alle fiamme.
Per evitare che altri cittadini debbano imitare gli operesi prima, e gli appignanesi oggi, le istituzioni devono intervenire immediatamente per riportare la legalità in tutti quei comuni d’Italia dove esistono baraccopoli illegali che ospitano persone che, non lavorando, vivono di espedienti a danno del popolo che le istituzioni stesse dovrebbero invece premurarsi di tutelare.
La ricorrenza del 25 aprile festeggiata ieri in tutto il paese deve fare riflettere sulla necessità di essere liberati oggi, come sessanta anni fa, da una tirannia. La tirannia dell’illegalità.
I quattro ragazzi vittime del rom ubriaco, e dell’intera comunità nomade di cui fa parte vivendo nell’illegalità, sono solo la conseguenza della scellerata politica del Sindaco di quel paese che ha permesso l’insediamento del campo e non ha sentito il dovere di rimuoverlo definitivamente ed in tempi celeri quando i suoi concittadini hanno manifestato il proprio dissenso.
Oggi piangiamo per i quattro giovanissimi le cui vite sono state stroncate vigliaccamente da un ubriaco alla guida di un furgone; quattro decessi che potevano essere evitati se solo si fosse agito nell’interesse dei cittadini di Appignano e non invece nell’ignavia ed il disinteresse per gli amministrati.
Una negligenza, quella di quasi tutte le amministrazioni, che sovente cela finalità poco chiare per sindaci e parroci che si prendono carico di ospitare ed assistere i campi nomadi.
Ancora una volta hanno perso i cittadini per non essere stati ascoltati dalle istituzioni ed anche ad Appignano, come ad Opera, il campo adesso è stato dato alle fiamme.
Per evitare che altri cittadini debbano imitare gli operesi prima, e gli appignanesi oggi, le istituzioni devono intervenire immediatamente per riportare la legalità in tutti quei comuni d’Italia dove esistono baraccopoli illegali che ospitano persone che, non lavorando, vivono di espedienti a danno del popolo che le istituzioni stesse dovrebbero invece premurarsi di tutelare.
La ricorrenza del 25 aprile festeggiata ieri in tutto il paese deve fare riflettere sulla necessità di essere liberati oggi, come sessanta anni fa, da una tirannia. La tirannia dell’illegalità.
martedì 24 aprile 2007
COMUNICATO STAMPA: ESPOSTO CONTRO VOLANTINI DIFFAMATORI
E’ stato presentato ai carabinieri di Opera un esposto contro il redattore di un articolo diffamatorio apparso sul quotidiano il Manifesto e contro chi lo ha diffuso, tramite volantinaggio, nello svolgimento di una festa pubblica in un parco operese in presenza di bambini ed adulti frequentatori del parco stesso. Il redattore dell’articolo, Marco Revelli, non fa altro che riportare false notizie relative, ancora una volta, alla vicenda del presidio di Opera che ha preservato la sicurezza nel nostro paese.
Nell’articolo in questione, pubblicato dieci giorni dopo la partenza dei nomadi verso altri siti, si vuole fare credere ai lettori che nell’area del presidio accadessero fatti, invece, mai verificatisi. Il tentativo di convincere i cittadini di Opera, e non solo, che ciò accadesse realmente lede la dignità degli operesi che mai e poi mai avrebbero potuto, ad esempio, minacciare e sputare addosso ai bambini che andavano a scuola né tanto meno cercare di impedire ai figli dei rom ed ai loro accompagnatori di recarsi negli istituti scolastici. Oltretutto questo sarebbe dovuto accadere al mattino presto, in piena luce e sotto gli occhi di decine di rappresentanti delle forze dell’ordine.
Siamo indignati per la tempistica dell’articolo, dieci giorni dopo la partenza dei nomadi e due mesi dopo i fatti del 21 dicembre culminati con l’incendio delle tende. Il redattore è chiaramente informato di quello che scrive dato il tempo avuto a disposizione per verificare notizie e voci sicuramente udite e lette e non vissute in prima persona. La diffamazione è pertanto aggravata dalla non tempestività dello scritto e pertanto la possibile, quanto necessaria ed indispensabile quando si giudicano persone ed azioni, verificabilità di certe informazioni riportate in esso.
Gli iscritti al “comitato festa dei popoli” che hanno diffuso il volantino recante l’articolo del giornalista de il Manifesto sono altrettanto responsabili per avere diffuso, oltre due mesi dopo la conclusione della vicenda campo nomadi, ancora notizie false atte a turbare la quiete pubblica con l’aggravante di averlo fatto in un parco pubblico frequentato da bambini e giovani genitori particolarmente sensibili alla questione dei piccoli rom che secondo l’autore, da quel che si capisce nell’articolo, sarebbero stati dati alle fiamme con i loro genitori nelle tende allestite ad Opera.
Segue il testo dell’esposto.
Il sottoscritto Ettore Fusco, nato a Milano il…
ESPONE:
Ieri, 16 aprile 2007, grazie ad un conoscente sono venuto in possesso dei volantini diffusi in data 15 aprile 2007 in occasione della così detta festa “la primavera dei popoli” organizzata da un certo “comitato festa dei popoli” con il patrocinio del Comune di Opera.
Il primo volantino si riferisce alla mera storia delle vicende dei rom ai tempi dell’olocausto nazista lasciando presagire, tramite l’omessa analogia di trattamenti che i dittatori comunisti riservavano alle popolazioni nomadi, che i bersagli politici di tale iniziativa siano estremisti di destra vicini ad ideologie nazi-fasciste.
Il secondo volantino riporta un articolo di giornale del giornalista Marco Revelli pubblicato su “il Manifesto” in data 22 febbraio 2007. Tale articolo narra per l’ennesima volta delle vicende del campo nomadi di Opera e dei cittadini che hanno presidiato, com’è noto, l’area adiacente l’ingresso del campo stesso al fine di ottenere, dalle istituzioni, il rispetto della promessa di provvisorietà dell’insediamento.
Proprio il secondo volantino colpisce per tanti e tali giudizi sulla società che non trovano riscontro nella vita reale e che, soprattutto, sono denigratori delle genti che vivono le regioni dell’Italia settentrionale o, come la definisce l’articolo, la Padania.
Tra l’altro spicca il racconto di cui il redattore dell’articolo deve, ovviamente, essere informato dei fatti ed ovviamente certo visto che si tratta di un pezzo scritto esattamente due mesi dopo quel 21 dicembre 2006 in cui furono date alle fiamme, da ignoti, alcune tende destinate ad ospitare i rom ad Opera. Il racconto cita testualmente:
“Era nato allora, con la rapidità che Jean-Paul Sartre (nel suo splendido libro sull'antisemitismo) attribuisce alle «società istantanee che sorgono in occasione di un linciaggio o di uno scandalo», un comitato «spontaneo» (in realtà animato da attivisti di An e della Lega), che aveva subito dato vita a un presidio permanente. E a una mobilitazione carica di aggressività e di violenza, che nella stessa notte aveva provocato un assalto al campo con l'incendio delle tende in cui dormivano le famiglie rom con ben 30 bambini, protraendosi poi tra momenti conviviali, bivacchi, e una continua, sistematica pratica dell'aggressione verbale con insulti, sputi, minacce ai nomadi e ai volontari che ogni mattina accompagnavano i bambini a scuola. Ora l'esodo dei Rom- inevitabile, prudentemente saggio, coerente con l'abito di un popolo «leggero », abituato a non opporre resistenza ma, di fronte a una pressione eccessiva, a sollevarsi nell'aria e farsi più in là -, viene salutato dai boiardi leghisti come una «vittoria schiacciante» del patriottismo padano. E' invece, in realtà,una sconfitta secca di tutta la nostra cultura. Un punto di caduta della nostra identità, che ci rende irriconoscibili a noi stessi. Il segno - non eludibile - di un'«apocalisse culturale » che minaccia i fondamenti della nostra capacità di «convivenza ».”
Premesso che pur avendo commesso un reato, coloro i quali hanno incendiato le tende vuote che ancora si stavano montando all’interno del campo, non hanno per niente incendiato “le tende in cui dormivano le famiglie rom con ben 30 bambini” come invece vorrebbe farci credere il giornalista e, quindi, coloro i quali distribuivano un simile volantino con l’aggravante di averlo fatto in un parco giochi gremito, prevedibilmente come ogni domenica di sole in questa stagione, di bambini e giovani genitori.
Dal racconto si evince l’intento diffamatorio verso un partito politico in particolare e, quindi, verso il suo rappresentante locale che già sullo stesso quotidiano, il Manifesto, è stato più volte citato quale responsabile dei fatti sopraccitati del 21 dicembre. Cito ad esempio, tralasciandone molti altri, parte di un articolo apparso il 23 dicembre su il Manifesto:
“L’antefatto è ancor più grave: il raid è partito dal cuore della civitas, il municipio. L’hanno aizzato e preventivamente rivendicato - megafono in mano - due consiglieri dell’opposizione, Ettore Fusco, della Lega, e Pino Pozzoli, di An. Un’azione a volto scoperto, in prima fila neofascisti «venuti da fuori» - «tutte facce note», dice il giorno dopo la Digos. La regia politica, però, è stata dei «capipolo» di Lega e An.”
Oltre all’autore dell’articolo in questione, il giornalista Marco Revelli, si riscontrano quindi responsabilità anche per coloro che, ancora oggi, distribuiscono simile materiale diffamatorio nei miei confronti e degli altri cittadini operesi che hanno preso parte alla protesta concretizzatasi nel legittimo presidio dei cittadini di Opera. Nella fattispecie trattasi pertanto degli iscritti al “Comitato Festa dei Popoli” che in occasione della suddetta festa denominata “Primavera dei Popoli” hanno pensato, ancora una volta attraverso il volantinaggio in questione, di disgregare e dividere i cittadini operesi mediante istigazione all’odio tra le classi sociali e le differenti appartenenze politiche in modo pericoloso per la pubblica tranquillità, peraltro, già turbata da mesi di attenzione mediatica sulle vicende locali. Tale intento degli iscritti al menzionato comitato e palesemente evidente e riscontrabile in ogni atto che in questi due mesi sia stato prodotto dagli stessi attraverso le interviste ai giornali, ai siti internet ed in occasione della festa in oggetto.
Per quanto sopra esposto mi rimetto alle autorità competenti affinché procedano a norma di legge nei confronti di eventuali colpevoli di reati che possano essere ravvisati dalla mia esposizione dei fatti e dalle relative, quanto necessarie, indagini che auspico siano svolte in merito.
Nell’articolo in questione, pubblicato dieci giorni dopo la partenza dei nomadi verso altri siti, si vuole fare credere ai lettori che nell’area del presidio accadessero fatti, invece, mai verificatisi. Il tentativo di convincere i cittadini di Opera, e non solo, che ciò accadesse realmente lede la dignità degli operesi che mai e poi mai avrebbero potuto, ad esempio, minacciare e sputare addosso ai bambini che andavano a scuola né tanto meno cercare di impedire ai figli dei rom ed ai loro accompagnatori di recarsi negli istituti scolastici. Oltretutto questo sarebbe dovuto accadere al mattino presto, in piena luce e sotto gli occhi di decine di rappresentanti delle forze dell’ordine.
Siamo indignati per la tempistica dell’articolo, dieci giorni dopo la partenza dei nomadi e due mesi dopo i fatti del 21 dicembre culminati con l’incendio delle tende. Il redattore è chiaramente informato di quello che scrive dato il tempo avuto a disposizione per verificare notizie e voci sicuramente udite e lette e non vissute in prima persona. La diffamazione è pertanto aggravata dalla non tempestività dello scritto e pertanto la possibile, quanto necessaria ed indispensabile quando si giudicano persone ed azioni, verificabilità di certe informazioni riportate in esso.
Gli iscritti al “comitato festa dei popoli” che hanno diffuso il volantino recante l’articolo del giornalista de il Manifesto sono altrettanto responsabili per avere diffuso, oltre due mesi dopo la conclusione della vicenda campo nomadi, ancora notizie false atte a turbare la quiete pubblica con l’aggravante di averlo fatto in un parco pubblico frequentato da bambini e giovani genitori particolarmente sensibili alla questione dei piccoli rom che secondo l’autore, da quel che si capisce nell’articolo, sarebbero stati dati alle fiamme con i loro genitori nelle tende allestite ad Opera.
Segue il testo dell’esposto.
Il sottoscritto Ettore Fusco, nato a Milano il…
ESPONE:
Ieri, 16 aprile 2007, grazie ad un conoscente sono venuto in possesso dei volantini diffusi in data 15 aprile 2007 in occasione della così detta festa “la primavera dei popoli” organizzata da un certo “comitato festa dei popoli” con il patrocinio del Comune di Opera.
Il primo volantino si riferisce alla mera storia delle vicende dei rom ai tempi dell’olocausto nazista lasciando presagire, tramite l’omessa analogia di trattamenti che i dittatori comunisti riservavano alle popolazioni nomadi, che i bersagli politici di tale iniziativa siano estremisti di destra vicini ad ideologie nazi-fasciste.
Il secondo volantino riporta un articolo di giornale del giornalista Marco Revelli pubblicato su “il Manifesto” in data 22 febbraio 2007. Tale articolo narra per l’ennesima volta delle vicende del campo nomadi di Opera e dei cittadini che hanno presidiato, com’è noto, l’area adiacente l’ingresso del campo stesso al fine di ottenere, dalle istituzioni, il rispetto della promessa di provvisorietà dell’insediamento.
Proprio il secondo volantino colpisce per tanti e tali giudizi sulla società che non trovano riscontro nella vita reale e che, soprattutto, sono denigratori delle genti che vivono le regioni dell’Italia settentrionale o, come la definisce l’articolo, la Padania.
Tra l’altro spicca il racconto di cui il redattore dell’articolo deve, ovviamente, essere informato dei fatti ed ovviamente certo visto che si tratta di un pezzo scritto esattamente due mesi dopo quel 21 dicembre 2006 in cui furono date alle fiamme, da ignoti, alcune tende destinate ad ospitare i rom ad Opera. Il racconto cita testualmente:
“Era nato allora, con la rapidità che Jean-Paul Sartre (nel suo splendido libro sull'antisemitismo) attribuisce alle «società istantanee che sorgono in occasione di un linciaggio o di uno scandalo», un comitato «spontaneo» (in realtà animato da attivisti di An e della Lega), che aveva subito dato vita a un presidio permanente. E a una mobilitazione carica di aggressività e di violenza, che nella stessa notte aveva provocato un assalto al campo con l'incendio delle tende in cui dormivano le famiglie rom con ben 30 bambini, protraendosi poi tra momenti conviviali, bivacchi, e una continua, sistematica pratica dell'aggressione verbale con insulti, sputi, minacce ai nomadi e ai volontari che ogni mattina accompagnavano i bambini a scuola. Ora l'esodo dei Rom- inevitabile, prudentemente saggio, coerente con l'abito di un popolo «leggero », abituato a non opporre resistenza ma, di fronte a una pressione eccessiva, a sollevarsi nell'aria e farsi più in là -, viene salutato dai boiardi leghisti come una «vittoria schiacciante» del patriottismo padano. E' invece, in realtà,una sconfitta secca di tutta la nostra cultura. Un punto di caduta della nostra identità, che ci rende irriconoscibili a noi stessi. Il segno - non eludibile - di un'«apocalisse culturale » che minaccia i fondamenti della nostra capacità di «convivenza ».”
Premesso che pur avendo commesso un reato, coloro i quali hanno incendiato le tende vuote che ancora si stavano montando all’interno del campo, non hanno per niente incendiato “le tende in cui dormivano le famiglie rom con ben 30 bambini” come invece vorrebbe farci credere il giornalista e, quindi, coloro i quali distribuivano un simile volantino con l’aggravante di averlo fatto in un parco giochi gremito, prevedibilmente come ogni domenica di sole in questa stagione, di bambini e giovani genitori.
Dal racconto si evince l’intento diffamatorio verso un partito politico in particolare e, quindi, verso il suo rappresentante locale che già sullo stesso quotidiano, il Manifesto, è stato più volte citato quale responsabile dei fatti sopraccitati del 21 dicembre. Cito ad esempio, tralasciandone molti altri, parte di un articolo apparso il 23 dicembre su il Manifesto:
“L’antefatto è ancor più grave: il raid è partito dal cuore della civitas, il municipio. L’hanno aizzato e preventivamente rivendicato - megafono in mano - due consiglieri dell’opposizione, Ettore Fusco, della Lega, e Pino Pozzoli, di An. Un’azione a volto scoperto, in prima fila neofascisti «venuti da fuori» - «tutte facce note», dice il giorno dopo la Digos. La regia politica, però, è stata dei «capipolo» di Lega e An.”
Oltre all’autore dell’articolo in questione, il giornalista Marco Revelli, si riscontrano quindi responsabilità anche per coloro che, ancora oggi, distribuiscono simile materiale diffamatorio nei miei confronti e degli altri cittadini operesi che hanno preso parte alla protesta concretizzatasi nel legittimo presidio dei cittadini di Opera. Nella fattispecie trattasi pertanto degli iscritti al “Comitato Festa dei Popoli” che in occasione della suddetta festa denominata “Primavera dei Popoli” hanno pensato, ancora una volta attraverso il volantinaggio in questione, di disgregare e dividere i cittadini operesi mediante istigazione all’odio tra le classi sociali e le differenti appartenenze politiche in modo pericoloso per la pubblica tranquillità, peraltro, già turbata da mesi di attenzione mediatica sulle vicende locali. Tale intento degli iscritti al menzionato comitato e palesemente evidente e riscontrabile in ogni atto che in questi due mesi sia stato prodotto dagli stessi attraverso le interviste ai giornali, ai siti internet ed in occasione della festa in oggetto.
Per quanto sopra esposto mi rimetto alle autorità competenti affinché procedano a norma di legge nei confronti di eventuali colpevoli di reati che possano essere ravvisati dalla mia esposizione dei fatti e dalle relative, quanto necessarie, indagini che auspico siano svolte in merito.
sabato 21 aprile 2007
COMUNICATO STAMPA: ROM ALLONTANATI E PATTO DI LEGALITA’
Siamo esterrefatti dall’atteggiamento delle istituzioni che non hanno in alcun modo condannato l’operato della Casa delle Carità di Don Colmegna ed il comportamento dei nomadi espulsi dal Parco Lambro per non avere rispettato il Patto di Legalità.
I rom in questione, all’inzio del viaggio che li avrebbe dovuti vedere giungere in Romania, hanno fermato gli autisti dei due pullman e prelevato i soldi che sarebbero serviti al viaggio stesso dileguandosi poi nelle campagne di San Donato Milanese prima ancora di varcare il casello dell’autostrada.
Altri ventiquattro nomadi, provenienti dal campo di Opera chiuso per la protesta dei cittadini, sono stati quindi allontanati dal campo del Parco Lambro per avere violato il Patto di Legalità così come già fecero ad Opera i componenti di un’altra famiglia di gitani.
Con questi ultimi espulsi siamo giunti quindi alla dichiarazione della condizione di illegalità per la metà dei componenti della comunità, di neanche settanta persone tra adulti e bambini, che istituzioni e Casa delle Carità avevano definito “tutte brave persone integrate che lavorano e rispettano le regole” e che ,pertanto, avrebbero dovuto abitare nel campo nomadi di Opera con il consenso della Parrocchia locale e dell’Amministrazione.
Ancora oggi Don Colmegna si vanta della buona riuscita del Patto di Legalità in quanto gli espulsi per non averlo rispettato hanno ricevuto la punizione prevista, l’allontanamento dal campo di appartenenza… e le istituzioni stanno a guardare.
Noi siamo cittadini che rispettano le leggi italiane e siamo abituati a credere che la buona norma non è tale se chi la viola viene punito ma bensì se la disposizione viene osservata perché condivisa, o almeno temuta, dalla comunità a cui è rivolta.
Quindi non parliamo di leggi italiane che funzionano quando viene multato per eccesso di velocità un automobilista ma lo facciamo quando diminuiscono gli incidenti stradali e le vittime della strada grazie al rispetto della medesima norma che, oltre alla sanzione, prevede anche un limite da rispettare.
Tutto questo però non è valido quando ci si riferisce a persone facenti parte di quella minoranza di individui che vive nell’illegalità, siano esse italiane (esistono quartieri dove la polizia non può neppure mettervi piede poiché in mano alla malavita nostrana) o di altra etnia. Queste ultime però infastidiscono particolarmente il cittadino contribuente che vede, oltre al non rispetto della legge, una sorta di protezione istituzionale a danno della collettività.
Don Colmegna, la Prefettura e le altre istituzioni coinvolte dovrebbero spiegare ai cittadini le ragioni per cui dovremmo condividere una politica di gestione dell’illegalità che assolutamente ci rifiutiamo di accettare. Chi viola le leggi va punito senza distinzione di razza, religione o sesso così come prevede anche il dettato costituzionale e la nostra morale cristiana, considerandoci tutti uguali. Le regole devono essere uguali per tutti e le emergenze immigrazione vanno evitate e non governate.
Tra pochi anni due nuove realtà entreranno nella Comunità Europea, Ucraina e Turchia, aspettiamo nuove emergenze da governare oppure vediamo di prevenirle con leggi a tutela degli italiani?
I rom in questione, all’inzio del viaggio che li avrebbe dovuti vedere giungere in Romania, hanno fermato gli autisti dei due pullman e prelevato i soldi che sarebbero serviti al viaggio stesso dileguandosi poi nelle campagne di San Donato Milanese prima ancora di varcare il casello dell’autostrada.
Altri ventiquattro nomadi, provenienti dal campo di Opera chiuso per la protesta dei cittadini, sono stati quindi allontanati dal campo del Parco Lambro per avere violato il Patto di Legalità così come già fecero ad Opera i componenti di un’altra famiglia di gitani.
Con questi ultimi espulsi siamo giunti quindi alla dichiarazione della condizione di illegalità per la metà dei componenti della comunità, di neanche settanta persone tra adulti e bambini, che istituzioni e Casa delle Carità avevano definito “tutte brave persone integrate che lavorano e rispettano le regole” e che ,pertanto, avrebbero dovuto abitare nel campo nomadi di Opera con il consenso della Parrocchia locale e dell’Amministrazione.
Ancora oggi Don Colmegna si vanta della buona riuscita del Patto di Legalità in quanto gli espulsi per non averlo rispettato hanno ricevuto la punizione prevista, l’allontanamento dal campo di appartenenza… e le istituzioni stanno a guardare.
Noi siamo cittadini che rispettano le leggi italiane e siamo abituati a credere che la buona norma non è tale se chi la viola viene punito ma bensì se la disposizione viene osservata perché condivisa, o almeno temuta, dalla comunità a cui è rivolta.
Quindi non parliamo di leggi italiane che funzionano quando viene multato per eccesso di velocità un automobilista ma lo facciamo quando diminuiscono gli incidenti stradali e le vittime della strada grazie al rispetto della medesima norma che, oltre alla sanzione, prevede anche un limite da rispettare.
Tutto questo però non è valido quando ci si riferisce a persone facenti parte di quella minoranza di individui che vive nell’illegalità, siano esse italiane (esistono quartieri dove la polizia non può neppure mettervi piede poiché in mano alla malavita nostrana) o di altra etnia. Queste ultime però infastidiscono particolarmente il cittadino contribuente che vede, oltre al non rispetto della legge, una sorta di protezione istituzionale a danno della collettività.
Don Colmegna, la Prefettura e le altre istituzioni coinvolte dovrebbero spiegare ai cittadini le ragioni per cui dovremmo condividere una politica di gestione dell’illegalità che assolutamente ci rifiutiamo di accettare. Chi viola le leggi va punito senza distinzione di razza, religione o sesso così come prevede anche il dettato costituzionale e la nostra morale cristiana, considerandoci tutti uguali. Le regole devono essere uguali per tutti e le emergenze immigrazione vanno evitate e non governate.
Tra pochi anni due nuove realtà entreranno nella Comunità Europea, Ucraina e Turchia, aspettiamo nuove emergenze da governare oppure vediamo di prevenirle con leggi a tutela degli italiani?
venerdì 20 aprile 2007
giovedì 19 aprile 2007
COMUNICATO STAMPA: ANKARA ATTENTATO AI CRISTIANI
Opera, 19 Aprile 2007
Tre Cristiani uccisi in Turchia da fondamentalisti islamici che hanno colpito i cosiddetti cattivi musulmani in quanto, due dei tre assassinati, erano presumibilmente Turchi musulmani convertiti. Il terzo, invece, un tedesco. E’ inammissibile subire simili attentati in un paese dove, i poteri forti mondiali, stanno facendo di tutto per farlo annettere al più presto alla Comunità Europea. Dobbiamo ribellarci e chiedere a gran voce un referendum affinché la decisione dell’annessione sia demandata al popolo e non alla Nato, che trarrebbe giovamento dalle basi dislocate in Turchia che diverrebbero automaticamente europee, ed ai poteri finanziari che insieme alle lobby economiche gestiscono l’intera organizzazione di Bruxelles.
Opera Sicura (nata dall’esperienza del Presidio di Opera) insieme alla Lega Nord, che da anni si batte contro l’ingresso della Turchia in Europa, promuove iniziative popolari in tal senso per evitare che il problema dei cristiani sgozzati diventi tra dieci anni un ordine del giorno nelle nostre città.
Troppe volte ci siamo sentiti dire: oramai è tardi e certi processi non possono essere arrestati ma solo governati.
Questa volta interveniamo preventivamente evitando di portare un’altra bomba ad orologeria in casa nostra per poi esasperare i cittadini e pretendere da loro sacrifici non dovuti.
L’assassinio dei tre cristiani è la conferma che l’integrazione non è una delle priorità delle popolazioni che non hanno radici e valori condivisibili con i nostri. Per queste persone, solite vivere nel non rispetto delle leggi differenti da quelle dei paesi da cui provengono, l’unica soluzione è la chiusura delle frontiere con numeri di ingressi e periodiche verifiche del rispetto delle regole.
Popolazioni islamiche, rom e cinesi in particolare, si sono distinte per non voler accettare le nostre leggi ed i nostri metodi di vita. La morale cristiana su cui si fonda il nostro paese e l’etica di comportamento propria delle genti che lo popolano va posta alla base di ogni possibile integrazione: o lo straniero accetta quel che l’Italia gli chiede in cambio della sua permanenza - il rispetto delle leggi - oppure non vi può essere integrazione.
Tre Cristiani uccisi in Turchia da fondamentalisti islamici che hanno colpito i cosiddetti cattivi musulmani in quanto, due dei tre assassinati, erano presumibilmente Turchi musulmani convertiti. Il terzo, invece, un tedesco. E’ inammissibile subire simili attentati in un paese dove, i poteri forti mondiali, stanno facendo di tutto per farlo annettere al più presto alla Comunità Europea. Dobbiamo ribellarci e chiedere a gran voce un referendum affinché la decisione dell’annessione sia demandata al popolo e non alla Nato, che trarrebbe giovamento dalle basi dislocate in Turchia che diverrebbero automaticamente europee, ed ai poteri finanziari che insieme alle lobby economiche gestiscono l’intera organizzazione di Bruxelles.
Opera Sicura (nata dall’esperienza del Presidio di Opera) insieme alla Lega Nord, che da anni si batte contro l’ingresso della Turchia in Europa, promuove iniziative popolari in tal senso per evitare che il problema dei cristiani sgozzati diventi tra dieci anni un ordine del giorno nelle nostre città.
Troppe volte ci siamo sentiti dire: oramai è tardi e certi processi non possono essere arrestati ma solo governati.
Questa volta interveniamo preventivamente evitando di portare un’altra bomba ad orologeria in casa nostra per poi esasperare i cittadini e pretendere da loro sacrifici non dovuti.
L’assassinio dei tre cristiani è la conferma che l’integrazione non è una delle priorità delle popolazioni che non hanno radici e valori condivisibili con i nostri. Per queste persone, solite vivere nel non rispetto delle leggi differenti da quelle dei paesi da cui provengono, l’unica soluzione è la chiusura delle frontiere con numeri di ingressi e periodiche verifiche del rispetto delle regole.
Popolazioni islamiche, rom e cinesi in particolare, si sono distinte per non voler accettare le nostre leggi ed i nostri metodi di vita. La morale cristiana su cui si fonda il nostro paese e l’etica di comportamento propria delle genti che lo popolano va posta alla base di ogni possibile integrazione: o lo straniero accetta quel che l’Italia gli chiede in cambio della sua permanenza - il rispetto delle leggi - oppure non vi può essere integrazione.
mercoledì 18 aprile 2007
COMUNICATO STAMPA: FIACCOLATA PAOLO SARPI
Opera, 18 Aprile 2007
I Cittadini di Opera hanno partecipato alla fiaccolata di lunedì in Piazza Gramsci dove, a seguito del divieto della Questura, non è stata concessa la prevista manifestazione in Via Paolo Sarpi.
Una decina di cittadini del Presidio di Opera, in delegazione, vi si è recata con lo striscione che li aveva già visti protagonisti durante la manifestazione per la sicurezza promossa dal Sindaco di Milano Letizia Moratti.
Dal palco, dove hanno parlato tra gli altri Matteo Salvini, Davide Boni e Mario Borghezio, è giunto il benvenuto agli operesi dal capogruppo leghista a Palazzo Marino, Matteo Salvini, che ha sottolineato quanto sia importante per la sicurezza dei cittadini che siano loro stessi, in prima persona, ad attivarsi per la difesa del proprio territorio.
Gli operesi presenti hanno ricevuto il plauso della platea e l’interessamento dei mass media presenti che hanno subito chiesto agli stessi quali legami ci fossero tra la vicenda del campo rom allontanato da Opera grazie alla resistenza dei cittadini determinati a non lasciarlo sul proprio territorio ed i fatti di china town per cui si manifestava. Un legame molto forte, secondo il capogruppo della Lega Nord operese, Ettore Fusco, che ha sottolineato come lo stesso filo conduttore unisca i rom ed cinesi protagonisti degli scontri in Paolo Sarpi, la volontà di vivere in Italia illegalmente.
La protesta dei cittadini di Opera non era fine, esclusivamente, al mero all’allontanamento del campo nomadi dal proprio centro abitato ma bensì alla risoluzione del problema legalità a Milano ed in Italia.
Certamente ad Opera è nato un movimento d’opinione che antepone le esigenze dei residenti alle pretese degli stranieri facenti parte di quelle categorie di persone che non rispettano le leggi.
Questo atteggiamento illegittimo, che riceve l’avallo delle inermi istituzioni italiane, non è ammissibile e va contrastato con la protesta popolare che nella sua forma più pacifica è espressione di civiltà tale da dover essere presa in seria considerazione da politici, funzionari e burocrati dello Stato e degli Enti Locali.
I Cittadini di Opera hanno partecipato alla fiaccolata di lunedì in Piazza Gramsci dove, a seguito del divieto della Questura, non è stata concessa la prevista manifestazione in Via Paolo Sarpi.
Una decina di cittadini del Presidio di Opera, in delegazione, vi si è recata con lo striscione che li aveva già visti protagonisti durante la manifestazione per la sicurezza promossa dal Sindaco di Milano Letizia Moratti.
Dal palco, dove hanno parlato tra gli altri Matteo Salvini, Davide Boni e Mario Borghezio, è giunto il benvenuto agli operesi dal capogruppo leghista a Palazzo Marino, Matteo Salvini, che ha sottolineato quanto sia importante per la sicurezza dei cittadini che siano loro stessi, in prima persona, ad attivarsi per la difesa del proprio territorio.
Gli operesi presenti hanno ricevuto il plauso della platea e l’interessamento dei mass media presenti che hanno subito chiesto agli stessi quali legami ci fossero tra la vicenda del campo rom allontanato da Opera grazie alla resistenza dei cittadini determinati a non lasciarlo sul proprio territorio ed i fatti di china town per cui si manifestava. Un legame molto forte, secondo il capogruppo della Lega Nord operese, Ettore Fusco, che ha sottolineato come lo stesso filo conduttore unisca i rom ed cinesi protagonisti degli scontri in Paolo Sarpi, la volontà di vivere in Italia illegalmente.
La protesta dei cittadini di Opera non era fine, esclusivamente, al mero all’allontanamento del campo nomadi dal proprio centro abitato ma bensì alla risoluzione del problema legalità a Milano ed in Italia.
Certamente ad Opera è nato un movimento d’opinione che antepone le esigenze dei residenti alle pretese degli stranieri facenti parte di quelle categorie di persone che non rispettano le leggi.
Questo atteggiamento illegittimo, che riceve l’avallo delle inermi istituzioni italiane, non è ammissibile e va contrastato con la protesta popolare che nella sua forma più pacifica è espressione di civiltà tale da dover essere presa in seria considerazione da politici, funzionari e burocrati dello Stato e degli Enti Locali.
COMUNICATO STAMPA: ESPULSIONE ROM AL PARCO LAMBRO
Opera, 16 Aprile 2007
L’espulsione dei 24 rom ospitati dalla struttura al Parco Lambro denota come sia impossibile, per un’etnia che non vuole integrarsi e rispettare le leggi, la civile convivenza con la popolazione italiana.I rom espulsi da Don Colmegna fanno parte della comunità allontanata da Opera in seguito alle proteste dei cittadini riuniti in presidio fisso ed è significativa in quanto quei nomadi erano stati descritti, per farli accettare ai presidianti operesi, quali già integrati e con posti di lavoro sicuri. La crema del nomadismo rom in pratica!Siamo sorpresi quindi di scoprire che un terzo dei rom allontanati da Opera si sono già macchiati di reati tali da essere allontanati dal campo “provvisorio” del Parco Lambro. Nomadi che, al contrario della garanzia date agli operesi che al 31 marzo avrebbero già avuto una sistemazione definitiva lontana dai centri abitati, sono quindi ancora senza fissa dimora.Il tutto a dimostrazione che la resistenza operese, nei confronti delle istituzioni, è stata provvidenziale.
L’espulsione dei 24 rom ospitati dalla struttura al Parco Lambro denota come sia impossibile, per un’etnia che non vuole integrarsi e rispettare le leggi, la civile convivenza con la popolazione italiana.I rom espulsi da Don Colmegna fanno parte della comunità allontanata da Opera in seguito alle proteste dei cittadini riuniti in presidio fisso ed è significativa in quanto quei nomadi erano stati descritti, per farli accettare ai presidianti operesi, quali già integrati e con posti di lavoro sicuri. La crema del nomadismo rom in pratica!Siamo sorpresi quindi di scoprire che un terzo dei rom allontanati da Opera si sono già macchiati di reati tali da essere allontanati dal campo “provvisorio” del Parco Lambro. Nomadi che, al contrario della garanzia date agli operesi che al 31 marzo avrebbero già avuto una sistemazione definitiva lontana dai centri abitati, sono quindi ancora senza fissa dimora.Il tutto a dimostrazione che la resistenza operese, nei confronti delle istituzioni, è stata provvidenziale.
COMUNICATO STAMPA: PRESIDIO DI OPERA in P.za UDINE
Opera, 12 Aprile 2007
I Cittadini del Presidio di Opera hanno aderito alla protesta dei cittadini di Milano che contestano l’insediamento del campo rom al Parco Lambro.
Ettore Fusco, con altri cittadini operesi, si è recato su invito di Alessandro Fregno dell’Associazione Milano Sicura in Piazza Udine ed ha partecipato al presidio che i cittadini hanno avviato per raccogliere firme contro l’operato dell’Amministrazione milanese che ha deciso di ospitare su un’area di ottomila metri quadri un ulteriore campo nomadi. Tra questi nomadi anche i rom che, grazie al Presidio dei cittadini, un mese fa hanno dovuto lasciare Opera.
Ancora sotto indagine per i fatti di Opera, che hanno dato vita alla protesta dei cittadini nei confronti del modo di affrontare la questione rom da parte delle istituzioni, il Capogruppo operese della Lega Nord Ettore Fusco non ha fatto mancare il proprio sostegno morale e materiale ai cittadini di Lambrate che si trovano a dover combattere oggi gli stessi problemi che per due mesi sono stati all’ordine del giorno degli operesi.
Per essere liberi bisogna essere padroni in casa propria e noi cittadini dobbiamo riprenderci il diritto di decidere chi e come deve poter occupare la nostra terra. Diritto naturale che abbiamo acquisito plasmando il nostro paese, in prima persona, con leggi e costumi di civiltà tali da dover essere preservate nel tempo.
Questa sera è annunciato un presidio in Via Paolo Sarpi, a cui non mancheremo di portare la nostra solidarietà, per protestare contro i fatti che stanno avvenendo proprio in queste ore con una rivolta di cinesi che hanno addirittura issato la loro bandiera nazionale e che stanno occupando un area di Milano rendendola di fatto territorio occupato militarmente da una nazione straniera.
Non vogliamo che Milano e la Lombardia diventino territorio di conquista per etnie che non rispettano le leggi italiane e, soprattutto, non accettiamo che questo avvenga con l’avallo doloso delle istituzioni nazionali e locali.
I Cittadini del Presidio di Opera hanno aderito alla protesta dei cittadini di Milano che contestano l’insediamento del campo rom al Parco Lambro.
Ettore Fusco, con altri cittadini operesi, si è recato su invito di Alessandro Fregno dell’Associazione Milano Sicura in Piazza Udine ed ha partecipato al presidio che i cittadini hanno avviato per raccogliere firme contro l’operato dell’Amministrazione milanese che ha deciso di ospitare su un’area di ottomila metri quadri un ulteriore campo nomadi. Tra questi nomadi anche i rom che, grazie al Presidio dei cittadini, un mese fa hanno dovuto lasciare Opera.
Ancora sotto indagine per i fatti di Opera, che hanno dato vita alla protesta dei cittadini nei confronti del modo di affrontare la questione rom da parte delle istituzioni, il Capogruppo operese della Lega Nord Ettore Fusco non ha fatto mancare il proprio sostegno morale e materiale ai cittadini di Lambrate che si trovano a dover combattere oggi gli stessi problemi che per due mesi sono stati all’ordine del giorno degli operesi.
Per essere liberi bisogna essere padroni in casa propria e noi cittadini dobbiamo riprenderci il diritto di decidere chi e come deve poter occupare la nostra terra. Diritto naturale che abbiamo acquisito plasmando il nostro paese, in prima persona, con leggi e costumi di civiltà tali da dover essere preservate nel tempo.
Questa sera è annunciato un presidio in Via Paolo Sarpi, a cui non mancheremo di portare la nostra solidarietà, per protestare contro i fatti che stanno avvenendo proprio in queste ore con una rivolta di cinesi che hanno addirittura issato la loro bandiera nazionale e che stanno occupando un area di Milano rendendola di fatto territorio occupato militarmente da una nazione straniera.
Non vogliamo che Milano e la Lombardia diventino territorio di conquista per etnie che non rispettano le leggi italiane e, soprattutto, non accettiamo che questo avvenga con l’avallo doloso delle istituzioni nazionali e locali.
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